Il voto all'Assemblea Generale dell'ONU potrà pur essere una vittoria per il futuro della Palestina, che da oggi è a tutti gli effetti uno stato osservatore (decisione che secondo molti aprirebbe la strada alla nascita di uno stato palestinese). Potrà pur essere una sconfitta per Israele. Purtroppo, dal nostro punto di vista, ad uscire a pezzi ancora una volta è l'inesistente diplomazia europea che ieri ha votato in ordine sparso sulla risoluzione. Qualcuno si era adoperato sin dalle prime ore nella costruzione di una pilatesca posizione comune, con l'astensione di tutti e 27 gli stati UE. Un tentativo fallito e che ha visto tutti i paesi della sponda mediterranea come Italia, Francia e Spagna, insieme a quelli scandinavi, votare sì. Dall'altro, l'astensione di tutti i paesi dell'est, guidati da Germania e Regno Unito, con la Repubblica Ceca che ha addirittura votato contro. Le identità diplomatiche di ogni singolo paese hanno prevalso, così come le diverse relazioni sviluppate nei decenni tra i vari stati europei e la Palestina. Che i paesi della sponda mediterranea e quelli scandinavi abbiano votato sì non costituisce di per sé una novità. Sono storici i legami tra paesi come l'Italia e la Francia con la causa palestinese e i suoi rappresentanti. Il problema risiede invece nell'astensione degli altri, un fatto che presume l'assenza di una posizione netta e chiara su un tema.
Il voto di ieri non è quindi un fallimento di per sé, ma la conseguenza del datato fallimento europeo nel non saper costruire una posizione unitaria sulla questione israelo-palestinese. E il conflitto dei giorni scorsi ne è un'ulteriore riprova. Egitto, Stati Uniti e Turchia hanno dominato la scena, mentre nessuna cancelleria europea, né tanto meno l'Alto Rappresentante della politica estera europea, Catherine Ashton, hanno dimostrato capacità diplomatiche tali da far inserire il vecchio continente nella risoluzione del conflitto. E questo per via dell'incapacità nel dar vita ad una posizione comune su un tema che riguarda una regione a noi vicina, nonché strategica per la sicurezza del continente.
Quello di ieri è il trionfo dell'Europa degli stati nazionali. Italia, Francia, Spagna e, anche se in maniera pilatesca, Germania e Regno Unito hanno dimostrato di avere una loro posizione. Mentre l'Europa nel suo complesso no. L'ennesima sconfitta per chi sogna un'Europa unita.
AV
Il voto di ieri non è quindi un fallimento di per sé, ma la conseguenza del datato fallimento europeo nel non saper costruire una posizione unitaria sulla questione israelo-palestinese. E il conflitto dei giorni scorsi ne è un'ulteriore riprova. Egitto, Stati Uniti e Turchia hanno dominato la scena, mentre nessuna cancelleria europea, né tanto meno l'Alto Rappresentante della politica estera europea, Catherine Ashton, hanno dimostrato capacità diplomatiche tali da far inserire il vecchio continente nella risoluzione del conflitto. E questo per via dell'incapacità nel dar vita ad una posizione comune su un tema che riguarda una regione a noi vicina, nonché strategica per la sicurezza del continente.
Quello di ieri è il trionfo dell'Europa degli stati nazionali. Italia, Francia, Spagna e, anche se in maniera pilatesca, Germania e Regno Unito hanno dimostrato di avere una loro posizione. Mentre l'Europa nel suo complesso no. L'ennesima sconfitta per chi sogna un'Europa unita.
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